Oratorio della Madonna Lauretana a Covo
L’Oratorio della Madonna Lauretana a Covo ha origini incerte ma probabilmente risale alla fine del XV secolo, come suggeriscono alcune tecniche costruttive. La sua esistenza è documentata in un elenco di edifici religiosi del ‘600, conservato nell’Archivio della Diocesi di Cremona. Un altro documento del 1698, presente nell’Archivio di Stato di Milano, conferma la presenza di un campanile con campanella associato all’oratorio. Originariamente, l’edificio era dedicato alle Sante Vergini e Martiri Lucia, Agata, Apollonia e Savina. Anziani del paese ricordano una sorgente vicino all’oratorio, la cui acqua veniva usata per bagnare gli occhi dei bambini, invocando Santa Lucia. Durante i restauri tra il 1972 e il 1979, fu scoperto un affresco seicentesco raffigurante una “sacra conversazione”, con Santa Lucia e la Madonna col Bambino. L’oratorio è stato anche venerato come luogo di culto per Santa Savina, protettrice dei malati di nervi, mentre parallelamente era dedicato alla Beata Maria Vergine dell’Annunciata. Nel XVIII secolo, fu dedicato anche alla Madonna di Loreto, e un affresco con questa rappresentazione venne collocato sulla parete della navata durante i lavori di restauro. L’edificio presenta un portichetto anteriore, un corpo centrale con copertura a volta “ad ombrello” e una piccola abside verso est. Un tempo, c’era una torre campanaria piramidale che fu demolita nell’800. Due bifore, scoperte durante i restauri, e due inginocchiatoi in legno costituiscono l’arredo principale. L’abside rettangolare ospita un altare che potrebbe risalire a don Omobono Capelletti, che inaugurò la nuova parrocchiale nel 1790. Dietro l’altare, fu scoperta una botola che conduce a un locale interrato con muri di ciotoli e mattoni e una volta a botte, forse utilizzato per raccogliere acqua di sorgente. L’attuale amministrazione comunale ha in programma di trasformare l’oratorio in un’area di sosta sicura, restituendogli la sua funzione di luogo di devozione, riducendo il traffico veicolare nella zona circostante. Questa valorizzazione mira a ripristinare l’antica vocazione dell’oratorio come sito di venerazione e preghiera per la comunità locale. Indicazioni stradali
Unboxing
, Podcast Lucio Bolognesi (nome d’arte “BASIK”) è nato a Rimini nel 1978 ha iniziato la sua carriera come grafico.Oggi è pittore e muralista, come egli ama definirsi. L’opera rappresenta alcuni simboli della tradizione e della fede covese nei confronti di San Lazzaro, patrono del paese: il cranio dipinto è la reliquia di San Lazzaro, custodita nella chiesa parrocchiale; Il velo bianco ha un doppio significato: simboleggia la resurrezione di Lazzaro, quindi la vittoria della vita sulla morte rimanda a un’antica tradizione. Fino al Duemila infatti, la teca contenente la reliquia era coperta da un velo che veniva sollevato solo quando un fedele aveva necessità di rivolgere una supplica al Santo patrono. Il parroco, allora, scopriva la reliquia. In dialetto: “squarcià San Lazer” (scoprire, svelare San Lazzaro). Cosa vediamo?Un uomo (parzialmente senza volto) porge la reliquia avvolta nel velo bianco. La composizione è completata da: tre spighe di grano, che richiamano il “covone” presente nello stemma del comune un “fatcap”, il tappino delle bombolette spray, che simboleggia il percorso artistico dell’autore. Chi è questo soggetto? Ci sono più significati: è colui che dona ai Covesi la reliquia di San Lazzaro è la comunità stessa che protegge la preziosa reliquia, un vero e proprio “reliquiario umano” è l’artista (che si è autoritratto) e che dona ai Covesi la sua opera. L’impostazione è quella della natura morta (da cui, il titolo) e della vanitas, che fa riflettere sulla precarietà dell’esistenza. Mappa dei Murales La visione di CURE è duplice, la prima e più evidente è il dare vitalità e qualità al territorio attraverso l’arte urbana ed iniziative varie, la seconda è invece quella di costruire e rafforzare il rapporto che la popolazione, e principalmente i giovani, hanno con il nostro territorio, il contesto in cui viviamo e radicare in essi un profondo senso di appartenenza e un atteggiamento proattivo davanti alle problematiche sociali, costruendo così un buona base di cittadinanza attiva e partecipata.
Fà girà al có
, Podcast Marco Burresi (nome d’arte “ZEDONE”) è nato a Firenze nel 1977, è autodidatta.Ha iniziato facendo lettering per strada e dipingendo sui treni.Nel 2002, la svolta stilistica: affascinato da un festival di teatro di strada a Certaldo, ha dipinto su tela la prima marionetta e da allora rappresenta i suoi personaggi come marionette.è pittore e urban artist di primissimo piano in Italia e all’estero. L’opera racconta la donazione del teschio di San Lazzaro alla comunità covese.Nel 1443, mentre Bartolomeo Colleoni combatteva a Senigallia (nelle Marche), il suo cappellano “fra’ Bellino Crotti” trovava in una chiesetta fuori città le reliquie di Santa Maria Maddalena e di San Lazzaro.La leggenda narra che, quando il Colleoni passò da Covo, le campane si misero a suonare senza che nessuno le toccasse e i cavalli non vollero proseguire il percorso.Questo miracolo spinse il Colleoni a donare a Covo una delle due reliquie.Da allora il teschio di San Lazzaro è conservato a Covo, oggi custodito nella Chiesa parrocchiale.San Lazzaro è il santo patrono di Covo, festeggiato il 17 dicembre.L’artista cala la leggenda in un mondo immaginario e fiabesco. Cosa vediamo? Da sinistra a destra:Lazzaro, avvolto in bende, resuscita. La testa si libera dalle bende.Una benda raggiunge il cavallo, su cui è riconoscibile lo stemma di Bartolomeo Colleoni.Il condottiero è raffigurato ai piedi dell’animale, disarcionato.Seguono due figure, quella di fra’ Bellino Crotti e di un chierichetto, entrambi tesi verso una testa (che è il teschio di San Lazzaro).L’ultima figura è il parroco di Covo che riceve la reliquia e le dà una collocazione adeguata in un reliquiario. Lo stile di Zedone è inconfondibile: siamo in un mondo immaginario e fiabesco, le figure sono burattini in posizioni impossibili e disarticolate, con mani, braccia e teste tese. Due curiositàIl titolo dell’opera è in dialetto per volontà dell’artista e ha un doppio significato: la testa che gira è quella di San Lazzaro la testa che gira è quella dello spettatore che, per guardare l’intera opera, deve girare la testa! Il murale si sviluppa in orizzontale e, per la prima volta per Covo, copre due lati di un edificio. Mappa dei Murales La visione di CURE è duplice, la prima e più evidente è il dare vitalità e qualità al territorio attraverso l’arte urbana ed iniziative varie, la seconda è invece quella di costruire e rafforzare il rapporto che la popolazione, e principalmente i giovani, hanno con il nostro territorio, il contesto in cui viviamo e radicare in essi un profondo senso di appartenenza e un atteggiamento proattivo davanti alle problematiche sociali, costruendo così un buona base di cittadinanza attiva e partecipata.
Stasira a Còf – Rassegna Estiva 2024
Cari Covesi,siamo lieti di invitarvi alla nostra Rassegna Estiva “Stasira a Còf”, un’occasione speciale per vivere insieme l’atmosfera unica del nostro borgo. Vi aspettiamo nelle nostre Piazze, Parchi, Cortili e Cascine per momenti di condivisione e gioia, per riscoprire insieme il piacere di fare comunità e di animare la nostra estate con incontri, cultura e divertimento.Non mancate: facciamo vivere la nostra estate e il nostro borgo insieme! Vi aspettiamo a braccia aperte! l’Assessore alla Cultura Alberto Gatti e tutto lo Staff di ProLoco Covo.
Chiesa Parrocchiale S.S. Giacomo e Filippo Apostoli
La costruzione dell’attuale Chiesa Parrocchiale iniziò per volontà dell’allora Parroco Don OmobonoCappelletti l’8 gennaio 1785. Progettista dell’opera fu l’architetto Faustino Rodi e costruttori i capomastri Luigi e Michele Bianchi e Francesco Brillo che usarono anche molti mattoni provenienti dalla demolizione dei vecchi oratori e dell’ultimo torrione residuato dell’antico castello e meglio conosciuto come il “vedovo”. L’opera fu ultimata il 25 gennaio 1789, giorno della sua consacrazione. Nel 1804 venne portato a termine l’altare delle reliquie di San Lazzaro e nel 1805 venne rialzato il campanile. Nel 1938 fu portata a termine la facciata su disegno dell’Ing. Giulio Sanga. Opere di pregio all’interno sono il “Cristo Morto” della scuola di Andrea Fantoni del 1714 ed un bassorilievo su marmo bianco nel paliotto dell’altare maggiore raffigurante il saluto di San Giacomo e San Filippo. Indicazioni stradali
Oratorio della B. V. Addolorata
Eretta tra il 1801 ed il 1817 sotto l’invocazione dei Martiri Stefano, Gherardo, Cassiano, Sebastiano e la B.V. Addolorata, sul luogo dove sorgeva l’antica parrocchiale di S. Stefano e l’attigua chiesa di S. Cassiano, in memoria delle stesse. Tale costruzione, di forma ottagonale, danneggiata dalle intemperie e da un fulmine fu demolita nel 1944. Fu ricostruita a spese e per voto della famiglia di Santo Cucchi nel 1978. Indicazioni stradali
Oratorio dei Disciplini o Disciplina
La chiesa, antichissima, in origine conosciuta come Oratorio dei Disciplini cui si aggiunse poi la Confraternita del Rosario fu utilizzata dal 1785 al 1789 quale parrocchiale provvisoria ed è intitolata a Maria Assunta. Fu ristrutturata nel 1948 quando, su incarico di don Luciano Canapa, venne realizzata la grotta della Madonna, ancor oggi molto ammirata per la sua somiglianza con la “Grotta di Lourdes” a cui l’autore (Ercole Giuseppe Canotti) si è ispirato. La statua con la B. V. del Carmine, presente nella nicchia sulla facciata, fu ricavata da un unico masso proveniente dal fiume Brembo e venne installata il 16 luglio 1791. Indicazioni stradali
LE ANIME GIUSTIZIATE
Nel 1798 accadde a Covo un fatto doloroso. Tre ladri, di nome Raselli, Taglia e Moneta rispettivamente di Romano di Lombardia, Mornico al Serio e Cividate al Piano, assalirono una ragazza, figlia di Stefano Capranelli, la quale era appena uscita dalla stalla dove l’intera sua famiglia si trovava per godere un po di caldo, come allora si usava abitualmente. I ladri le strapparono gli orecchini d’oro ma, alle grida della ragazza, fuggirono non prima di aver arraffato alcune povere suppellettili. Appena fuori paese furono però arrestati da alcuni gendarmi. Riconosciuti poi dalla ragazza furono portati a Bergamo dove vennero processati e condannati a morte. La sentenza doveva essere eseguita sul luogo del furto. Così venne eretta una ghigliottina sui “terragli”. Il 7 agosto i tre vennero decapitati con grande commozione del popolo. Le loro spoglie vennero sepolte nel cimitero che allora si trovava presso le attuali scuole elementari. Poiché i tre disgraziati, prima di salire sul patibolo, si confessarono chiedendo perdono per le loro malefatte, il popolo di Covo serbò loro una grande venerazione ed ancora oggi, nei giorni 7-8 e 9 agosto, si celebra il “triduo delle anime giustiziate” con luminarie e celebrazioni al cimitero. Indicazioni stradali
MAESTRO GIULIO DE MICHELI
Nato a La spezia il 26 settembre 1889, Giulio De Micheli è stato un compositore, violinista e direttore d’orchestra. Rivelò la sua inclinazione musicale a soli cinque anni e all’età di quindici anni conseguì il diploma,completando poi gli studi presso il Conservatorio Arrigo Boito di Parma, perfezionandosi anche in violino: come solista, si rivelò un virtuoso apprezzato in una serie nutrita di concerti in Italia e all’estero. La sua produzione comprende oltre 160 composizioni, tra cui numerose operette, quattro messe, il poema sacro Petrus.Il punto culminante del suo genio artistico è rappresentato dalla Prima Suite (In campagna), dalla Seconda (Visioni egiziane) e dalla Terza (Suite di danze). Da menzionare anche gli Intermezzi (tra cui A Ida su testo di Giovanni Pascoli), i valzer e le marce. De Micheli si trasferì a Covo a seguito del matrimonio con la covese Anna Borelli. Qui si affezionò alla gente del paese, agli anziani del ricovero ed ai bimbi dell’asilo per i quali fece parecchi concerti di beneficienza. Fattosi amico del parroco Don Angelo Galafassi, compose parecchie operette delle quali don Galafassi stesso fu librettista. De Micheli morì a Covo il 30 settembre 1940 a seguito del decorso della sua malattia. Indicazioni stradali
MOLINO FUORI PORTA MATTINA
Di origini antichissime, è situato ad est del paese, fuori la vecchia Porta Mattina ed aveva funzione di molino da macina. E’ alimentato dalla Roggia Sarioletta o “Ròsa” o Guadomaria che pesca le sue acque dal Fosso Bergamasco. Questo molino risale quanto meno al 16 agosto 1411, in quanto tale data figura in una pietra ancor oggi incastrata nella muratura dell’edificio. Nel ‘600 era di proprietà della famiglia Valle, che aveva comperato dal Comune una gran parte degli spalti del vecchio castello oltre ai fossati (spianati) che circondavano le demolite mura ad oriente fino al molino medesimo. Il molino passò in proprietà a Marco Colpani, mugnaio (e organista) di Fara Olivana nei primi anni del ‘900 e, siccome spesso veniva a mancare l’acqua, derivata dal Fosso Bergamasco per muovere la ruota collegata alle macine, lo dotò di un motore che rimase in funzione fin verso il 1970, quando l’attività venne chiusa. Indicazioni stradali